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Il caso del giorno (12.12.06). Bici contromano e sicurezza: le regole valgono per tutti


Caro Corriere, ho letto l'articolo del 6 dicembre sulla strage dei ciclisti a Milano. Vivo e giro la città su mezzi «targati» da anni. La mia giornata comincia presto al mattino quando porto mia figlia a scuola praticando da sempre il car pooling. Al mio ritorno parcheggio l'auto e vado in ufficio in moto, dunque con un altro mezzo dotato di targa. Faccio del mio meglio per rispettare le regole del codice della strada, non tanto perché io sia più virtuosa di altri, ma perché, essendo a bordo di un mezzo targato, posso essere identificata e multata. Osservo tuttavia ciclisti che mi sfrecciano di fianco passando con il rosso (sia di giorno che di sera, magari quando piove e spesso senza alcuna luce di segnalazione accesa) oppure percorrono strade impossibili contromano. Ho visto ciclisti contromano in via Senato durante l'ora di punta; mamme che trasportavano bimbi in tenera età (senza casco) pedalare in contromano sulla corsia degli autobus in via Fatebenefratelli bloccando il bus proveniente da via dei Giardini; ciclisti passare sotto il naso di una pattuglia dei vigili in corso Europa contromano senza che questi ultimi facessero nulla. Mi domando perché i ciclisti non siano soggetti al codice della strada in nome di un buonismo che in primis danneggia loro stessi. È vero che a Milano vi sono poche piste ciclabili, ma questo non deve diventare un alibi per comportamenti irresponsabili.
Marina Beccantini

Caro Corriere, provoca rabbia l'indifferenza della gente, della cosiddetta società civile, davanti ai recenti incidenti stradali nelle strade di Milano. Si liquida tutto con «Era destino » e gli amministratori non si preoccupano né di capire, né di intervenire per evitare che continuino a perpetrarsi simili tragedie. Nell'esprimere la mia più profonda solidarietà ai familiari delle tre vittime (conosco la sofferenza, ciò che si prova, avendo anch'io perso una figlia, mentre camminava sul marciapiede, la notte di Natale del 2004 a Melegnano), chiedo anche che venga posta sempre più attenzione a questo grave problema. Il 7 dicembre lei, Schiavi, rispondeva al responsabile della Fiab affermando che «...non ci si deve arrendere, questa è una battaglia da fare per qualche morto in meno in città». Si parla troppo poco delle vittime della strada, di un problema che è la maggior causa della morte di giovani in Italia; anche nella Finanziaria, lo Stato stanzia per la sicurezza l'1% di quanto destinato alle spese militari. Occorre fermare questa strage perché dopo sarà sempre troppo tardi per le vittime.
Angela Bedoni
Il rispetto delle regole è un nostro chiodo fisso, ma le regole bisogna anche farle rispettare, come scrive l'attenta lettrice, e tutti devono essere messi nelle condizioni di circolare in una strada che non sia una giungla. A Milano ci sono 30 mila ciclisti, 80 chilometri di piste ciclabili, 20 chilometri di rotaie abbandonate, migliaia di incidenti in cui i ciclisti hanno la peggio, 500 multe per mancanza di luci o campanelli, nessuna per chi va contromano. Un ciclista al buio è un candidato al suicidio, ma una città nemica dei ciclisti è una città senza futuro. L'alternativa è Shanghai, dove il sindaco ha deciso la linea dura contro i ciclisti perché, testuale, «impediscono alle auto di circolare». Due esempi vicini: Mantova multa i ciclisti con 35 euro se vanno contromano, Piacenza autorizza a farlo, per motivi di sicurezza, anche sui marciapiedi. Milano i marciapiedi li ha allargati, ma non ha previsto uno spazio per i ciclisti. Si può fare di più e di meglio. La targa sulle bici? Se è utile, parliamone. Ma questa è la coda del problema, che resta come migliorare la sicurezza sulle strade, ridurre traffico e smog, migliorare la vita urbana.


di Giangiacomo Schiavi
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