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Darsena: perché diciamo no


Coloro che continuano a costruire autostrade,
ad allargare le strade esistenti, a realizzare parcheggi
per automobili in centro, operano consapevolmente
per il mantenimento e lo sviluppo dell’inciviltà dell’automobile.
Coloro che si impegnano per sviluppare il trasporto pubblico,
restringere le carreggiate, allargare i marciapiedi, introdurre
la moderazione del traffico, dare strada alla bicicletta,
operano invece per la civiltà della mobilità sostenibile e per tutti.
(Anonimo del XXI sec.)
 
Darsena: perché diciamo no
Da lungo tempo si discute sulla realizzazione di alcuni parcheggi da parte del Comune di Milano, vista la cronica fame di spazi di sosta causata da un traffico ipertrofico e senza regole.
 
La discussione non riguarda ovviamente tutti i progetti approvati, ma solo alcuni di essi la cui costruzione tocca zone di particolare rilevanza storico-architettonica della città.
 
Così è ad esempio per il parcheggio sotterraneo attualmente in costruzione in piazza Meda, sulla cui area di scavo sono state individuate – come era assolutamente prevedibile – importanti vestigia storiche di epoca romana, tuttora all’esame degli esperti.
Così è per il parcheggio che dovrebbe essere scavato accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, la basilica martyrum di Milano, nell’area che fu occupata dal cimitero paleocristiano prima ancora di ospitare la chiesa del patrono cittadino.
E così è anche per il parcheggio sotto lo specchio d’acqua della Darsena di Milano, l’antico porto, punto di confluenza dei due navigli, Grande e Pavese, che costituisce nel suo complesso uno dei più importanti monumenti della storia dell’idraulica a livello europeo, a maggior ragione dopo i recenti rinvenimenti fatti nel corso dei saggi archeologici preliminari.
Questi tre sono forse i casi milanesi più eclatanti: si tratta di opere decise dall’ex sindaco Gabriele Albertini, nella sua veste di Commissario straordinario al traffico, al di fuori di qualsiasi confronto con la città e con le istanze rappresentative (in particolare: consiglio comunale e consigli di zona), di qualsiasi progettazione partecipata, di qualsiasi condivisione pubblica.
Progetti privati di una funzione “civica”, calati sulla città e non pensati per la città.
Progetti in cui il project financing (il finanziamento ad opera di privati) è diventato alibi per affermare che il pubblico (e quindi i contribuenti) non sborsa un centesimo, dimenticando che si tratta comunque di risorse scarse e di decidere dell'utilizzo di beni appartenenti alla collettività.
 
Alla realizzazione di questi parcheggi si oppongono, sinora senza fortuna, comitati di cittadini e alcune autorevoli personalità che hanno svolto con impegno encomiabile un tentativo drammatico (e oneroso) di salvaguardare l’integrità di beni storici che appartengono a tutti i cittadini presenti e futuri. Beni qui minacciati in maniera irreparabile, che vanno salvaguardati nella loro integrità per il fatto stesso di essere elementi di una identità storica riconoscibile della nostra città. E sui quali non si può accettare che vengano poste le premesse, psicologiche e materiali, per il prevalere della ennesima “dittatura del fatto compiuto”!
 
Ma questi progetti rischiano ora di diventare il vero banco di prova di una amministrazione che voglia seriamente dirsi dialogante con i cittadini e che sappia operare scelte limpide che possano davvero trovare nell’interesse collettivo l’unica fonte ispiratrice, come ha sin dal suo insediamento dichiarato di voler essere la Giunta guidata dal sindaco Letizia Moratti.
 
E’ invece di questi giorni la notizia che il parcheggio sotto la Darsena si farà. Nonostante tutto.
Dobbiamo allora dire chiaro, ancora una volta, che su questa scelta non siamo d’accordo.
Per le medesime ragioni, di metodo e di merito, che già avevamo dichiarato nel dicembre 2003, aderendo alle iniziative del Comitato dei navigli, quando il progetto si affacciò per la prima volta alle nostre incredule orecchie.
Ragioni che vale la pena brevemente ricordare.
 
Il metodo, innanzitutto.
La normativa vigente richiede l’adozione da parte del Comune di Milano di un piano paesistico preventivo relativo all'area architettonica, storica, ambientale, culturale e funzionale dei Navigli, che definisca anticipatamente, sulla base di criteri oggettivi, quali sono le aree su cui è possibile intervenire e quali invece quelle su cui vi deve essere un vincolo assoluto di intangibilità. Né è pensabile che tale piano paesistico debba assolvere solo a una funzione formale di ratifica successiva di eventuali interventi già decisi sull'area, o peggio ancora che esso debba limitarsi a prendere atto dello stato di fatto e di alterazioni ormai irreversibili. Il valore di un piano paesistico è dato dalla sua efficacia sostanziale e non solo dalla sua redazione formale. Resta il fatto che, sia da un punto di vista formale che sostanziale, tale documento inspiegabilmente ancora manca.
Neppure è tollerabile che si dia l’avvallo ad una concezione decorativa e scenografica dei complessi monumentali, che si limita a liquidare l’intervento in questione come una semplice buca scavata in una conca prosciugata, la Darsena appunto, che verrebbe poi rimessa in pristino con una nuova immissione di acqua sicché, all’apparenza, nulla risulterebbe cambiato. Sarebbe l’ennesimo sventramento di questa città, che già molti ne ha subiti, in molti casi proprio con la giustificazione di recuperare situazioni di estremo degrado che si era lasciato avanzare inesorabile perché, alla fine, qualunque rimedio potesse apparire migliore della rovina attuale. Un degrado non a caso da taluni definito “finalistico”.
Riportiamo qui le parole assolutamente attuali di Antonio Cederna: “Viviamo ormai in una situazione paradossale: la distruzione senza rimedio delle nostre città, la volgare degradazione dei più straordinari complessi monumentali e naturali, la smisurata invasione del brutto, risultato dello spirito di violenza dei vandali speculatori, dell’abietto conformismo degli organi responsabili, della pigrizia mentale delle classi colte, sono ormai considerate, dalla scettica opinione corrente, come ‘realtà’ a cui bisogna inchinarsi. Ogni passo sulla strada della rovina diventa pretesto e giustificazione e incentivo a una rovina più vasta: l’illegalità, la stupidità, l’incuria, l’anarchia vengono considerate condizioni di cui ‘non si può non tenere conto’” (A. Cederna, I vandali in casa, a cura di F. Erbani, Laterza, 2006, p. 15).
 
Sul piano del merito, le più rilevanti osservazioni sono le seguenti.
In primo luogo, il parcheggio di cui si discute, dimensionalmente sproporzionato, costituirebbe un ulteriore fattore di incremento del traffico in un'area già compromessa; quindi, anziché rispondere all'emergenza traffico esistente distogliendo i maggiori flussi dal centro della città se ne favorisce una ancor maggiore penetrazione.
Tale parcheggio, poi, per la sua stessa posizione, non si inserisce e non permette di offrire un reale servizio di corrispondenza e interscambio con altri mezzi di trasporto pubblico, che è poi un altro modo per aggravare i problemi del traffico.
Tra le proposte alternative che erano state suggerite all’Amministrazione, tutte rimaste senza risposta, vi era quello di collocare il parcheggio nell’area di Romolo, creando una vera connessione intermodale e realizzando, mediante navetta, il collegamento serale e notturno con l’area dei locali di Porta Ticinese.
Il parcheggio così com’è, in definitiva, non serve neppure ad alleggerire il carico di traffico nelle ore diurne.
 
Valgano, per concludere, le parole di un maestro dell’architettura che non richiede presentazioni, quale è Renzo Piano, il quale, parlando di alcune scelte urbanistiche milanesi, così commentava: "(...) Mi sembra molto discutibile pensare di convogliare tutto il traffico nel cuore della città, quando ormai è chiaro ovunque che questo deve essere attestato all'esterno attraverso una politica di disincentivazione, di rinforzo del trasporto pubblico e di investimento in parcheggi di scambio sulla cintura" (Il Sole 24 Ore, 16.06.2005, p. 10).
 
Signor sindaco, davvero, ci ripensi.
 
Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY onlus)
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