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La politica dell’immobilità ciclistica
posted by Presidente on 31/01/2010

Milano ha un tremendo, disperato bisogno di politiche per favorire scelte di mobilità dolce, leggera, sostenibile.
Ciò non è solo dettato dal timore di sanzioni dall’Europa per il superamento delle soglie di inquinamento ritenute tollerabili. O per frenare azioni legali di associazioni e comitati cittadini che, attraverso il ricorso alla magistratura, chiamano in causa le responsabilità degli amministratori. Ma è innanzitutto per vivere tutti meglio. Tutti. E per costruire insieme una città desiderabile e a misura di persona, che vada incontro alle esigenze dei suoi abitanti, anziché apparire ostile o indifferente.
 
Promuovere il cambiamento si può, ma per cominciare è necessario volerlo. E bisogna essere consapevoli che dirlo non è sufficiente: occorre il coraggio di metterlo in atto, anche sfidando le difficoltà.
 
Limitando per ora lo sguardo ai temi della mobilità ciclistica, è sotto gli occhi di tutti che, sino a questo momento, provvedimenti e realizzazioni concreti a favore della ciclabilità nella nostra città stentano ad arrivare. Anzi, proprio non ci sono. Se ne fa un gran parlare, ma nel frattempo i progetti languono nei cassetti. Procedono al rallentatore. La rete ciclabile rimane scucita. E pare mancare una visione strategica efficace, come quella di un serio Bike Masterplan che Milano ha rifiutato di adottare. Resta da capire quali siano i veri motivi di questa continua “distrazione”. Per cui la bici sembra per lo più ridotta a una cyclette.
 
Certo non conforta sapere che, a Milano, è così da molti e molti lustri. Dobbiamo forse rassegnarci al peggio?
 
Da anni si susseguono annunci e conferenze stampa anche in sedi internazionali. Annunci solenni che promettono trasformazioni. Segnalano rivoluzioni in corso. Disegnano scenari meravigliosi: Raggi e Miraggi. Ma sembrano soprattutto una rassegna di buone intenzioni, quando va bene scritte sulla carta e rigorosamente declinate al futuro (“50 km di piste ciclabili in più”). E con le sole buone intenzioni non si va da nessuna parte. O, per meglio dire, si arriva direttamente all’inferno, che è il nostro quotidiano, sotto l’egida dell’emergenza permanente (traffico, inquinamento, sicurezza stradale…).
 
Come possiamo continuare a dar credito alla serietà degli impegni, nella continua assenza di quella concretezza che sola può distinguere le intenzioni dalle realizzazioni? Come è possibile mantenere fiducia se, trascorrendo i mesi e gli anni, gli impegni risultano puntualmente sconfessati dalla realtà, dalla ostinazione dei fatti, dalle continue occasioni perdute (Fiera di Rho, stazione Centrale, tunnel di porta Nuova… tanto per citare alcuni dei casi più recenti)?
 
Anche se siamo abituati, ma non ancora assuefatti, alla politica dell’annuncio a getto continuo, e ripetutamente tradito, diciamo chiaro che non è questa la politica che ci piace. E si sta superando ogni limite di sopportabilità e decenza.
 
Dopo la sostituzione dell’assessore Croci abbiamo assistito a una frammentazione delle competenze su traffico, mobilità e ambiente, e a una suddivisione delle deleghe che non giova alla complessità dei temi né alla chiarezza delle attribuzioni di responsabilità. Mettere d’accordo più assessori diversi è certo più difficile che riferirsi ad uno solo. Ma questa è una decisione politica che può non riguardarci, a condizione che venga salvaguardata l’efficacia delle azioni di governo.
 
Il Vicesindaco Riccardo De Corato, rispondendo a una serie di articoli usciti nei giorni precedenti, ha annunciato qualche giorno fa un nuovo “impegno per le piste ciclabili”.
 
A proposito di questo intervento, sorgono tre considerazioni.
Primo. Quando afferma che i progetti dei nuovi interventi sono stati definiti “a dicembre 2009 ed è in corso l’affidamento della progettazione esecutiva e della realizzazione a MM” ci pare che questo corrisponda a una ammissione che, fino ad ora, tutto è rimasto fermo. A dispetto dei reiterati annunci di questi anni.
Secondo. Il Vicesindaco dichiara che “l’inizio dei lavori per le piste ciclabili è previsto nel settembre 2010”. Chiediamo: perché lasciar trascorrere un altro anno prima di iniziare? Giova ricordare che il Sindaco Moratti ha iniziato il suo mandato a giugno del 2006. Che sin da allora ha più volte dichiarato che rendere Milano “amica della bici” è una priorità della sua amministrazione. Ad oggi sono quindi trascorsi tre anni e mezzo. Un tempo ampiamente sufficiente a dare segnali forti e inequivocabili di un cambiamento concreto. E invece, zero (facendo salvo ovviamente il bike sharing, che però è ancora un progetto in itinere, ben lontano dalla sua compiuta realizzazione).
Terzo. Continuando con questo trend, riesce difficile immaginare una miglior sorte per i molti progetti annunciati. Non è nel nostro desiderio o interesse farci profeti di sventura. Ma, al di là dello sconcerto che questo può dare a molti di noi, quel che più preoccupa è che ancora una volta chi amministra Milano non pare aver colto il valore strategico che la ciclabilità può avere non solo per la sua valenza turistica e del tempo libero, ma anche, e in questo caso dico soprattutto, per quella della mobilità quotidiana delle persone. Un valore che non può essere rincorso soltanto in funzione di scadenze elettorali.
Continuare a parlare di “piste ciclabili” è il primo degli inganni. Perché le piste ciclabili non sono possibili ovunque, hanno costi e tempi di attuazione diversi, ma soprattutto non rappresentano né l’unico, né il più importante intervento, se l’obiettivo è quello di una città a misura di bici. Le migliori esperienze insegnano che una buona ciclabilità nasce da un mix di provvedimenti: basta andare in qualsiasi città europea (da Berlino a Bordeaux, da Strasburgo a Vienna, da Monaco ad Amsterdam) per rendersene conto senza possibilità di smentita. Ma per questo occorrerebbe avere chiarezza di idee che invece qui sembrano sempre più affastellate in modo confuso.
Come cittadini non possiamo che esserne preoccupati.
 
Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY Milano)
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