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La bici desaparecida


Egr. sig. Direttore
Spett.le Redazione
la Repubblica - Salute
 
Leggo solo ora, con colpevole ritardo, il lungo servizio a firma di Anna Rita Cillis apparso sul supplemento Salute del 22 febbraio 2007.
La copertina, con il significativo titolo “Aria pulita”, proponeva l’immagine di una ragazza, sorridente e molto carina, intenta a pedalare in sella a una bici. E un richiamo, nella stessa copertina, avvertiva il lettore che il “49% delle polveri sottili (Pm10) è causato dai trasporti”, mentre solo il 27% è di fonte industriale.
Ebbene, ho trovato a dir poco stupefacente che, nelle quattro pagine dedicate al tema “Smog: tutte le possibili soluzioni per contrastarlo”, arricchite da pareri di medici ed esperti, compresi gli ambientalisti Amici della Terra, non una parola, neppure una, fosse dedicata al tema “bicicletta”, che quindi risulta purtroppo solo citato a livello iconografico, più con funzione attrattiva che di reale contenuto.
La mobilità ciclistica nelle aree urbane (e non solo in quelle) è sempre più una alternativa efficace e sostenibile in confronto ad altre modalità di trasporto. Lo è in Europa, da anni, assai più che in Italia.
La bici è, sulle distanze di 3-4 km in ambito urbano (che costituiscono circa il 40% degli spostamenti giornalieri), addirittura competitiva rispetto all’auto (basti solo pensare alla eliminazione delle code e dello stress da parcheggio). La bicicletta non consuma e non produce emissioni, non ingombra e non fa rumore. Il suo uso combinato con i mezzi pubblici di trasporto (cd. intermodalità) permette di moltiplicare notevolmente il raggio di azione, l’estensione territoriale che la sola pedalata consente di raggiungere agevolmente. La bici contribuisce anche a migliorare in modo significativo i costi economici, sociali, umani e individuali correlati alla mobilità.
Nonostante tutto questo, la valenza trasportistica della bicicletta e la sua grande potenzialità di decongestionamento dai tossici effetti prodotti dal combinato composto di traffico e inquinamento, essa viene ancora oggi assai colpevolmente trascurata e penalizzata. E’ la “cenerentola” della mobilità.
Lo è a livello istituzionale e politico, certamente, dove la bici resta spesso l’oggetto del tempo libero o l’attrezzo sportivo. Ma lo è anche a livello mediatico.
Diciamo che essa, quando è considerata e non del tutto ignorata, arriva sempre per ultima, una sorta di comparsa di quart’ordine che fa capolino sui titoli di coda…
Ma perché un mezzo così civile viene fatto passare dalla porta di servizio quasi fosse il parente scomodo?
Non c’è ovviamente una pretesa di esaustività: chi scrive un articolo ha il diritto di scegliere quali argomenti toccare e non è detto che, specie su una questione complessa, riesca a dare contezza di tutto. Però la completa omissione…
Non si tratta di fare un estremismo alla rovescia, ma solo di dare voce a un’esigenza di razionalità che chiede più attenzione, in modo continuativo e coerente, per la mobilità dolce e sostenibile, per contrastare l’abuso di una mobilità pesante e aggressiva.
Noi crediamo che il cambiamento, che non può non riguardare tutti, debba partire anche da qui, senza ulteriori attese.
E smettendola di promuovere (o assecondare) un’idea secondo cui, se non hai un motore, non conti nulla. Speriamo nella prova di appello.
Grazie della cortese attenzione, un saluto cordiale
 
Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY onlus e coordinatore regionale FIAB Lombardia)
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